Bempensante LOC AUT

artist Christian Manuel Zanon - host Anna and Giorgio Fasol



2016, Italian, 176 pages, 25x18 cm, soft cover, out of print

Il primo libro di PALCO comprende il manifesto del progetto e il racconto della relazione creatasi tra ospitante e artista nel primo spazio messo a disposizione. Il volume si articola attraverso conversazioni, e-mail, messaggi e telefonate che sono avvenuti prima, durante e dopo la realizzazione dell’opera.
Bempensante Loc Aut è un lavoro complesso e fragile legato all’identità dello stesso artista. Si tratta di un percorso romanzato attraverso oggetti e frammenti di carta, quali scontrini e documenti, che raccontano l’esperienza introspettiva e poetica vissuta da Christian presso gli uffici dell’anagrafe civile: una ricerca di sè che mette in discussione sia autorialità che temporalità, nata dal bisogno semplice ma sostanziale di accertare che non ci fosse stato un errore di trasmissione del suo nome nell’atto di nascita. Il materiale utilizzato è stato successivamente integrato dall’artista con annotazioni e con applicazioni di ulteriori elementi cartacei legati alla sua pratica: forse una virgola, una piccola cosa dall’immensa tensione. Nell’opera è presente anche una scultura minuta, un delicato oggetto prodotto dalla natura: l’humus di lombrico, un’architettura fragile somigliante a un cervelletto, che rinnova il riferimento alla caducità e dialoga con la ricerca cartacea. L’intero lavoro, dai frammenti di carta all’inchiostro e fino alla scultura, è destinato a deteriorasi e scomparire, determinando contemporaneamente l’intensità del momento narrato e la temporalità della sua natura materiale.


The first book of PALCO includes the project’s manifesto, and the account of the relationship born between the host and the guest artist of the first space that has been made available for use. The volume tells its tale through conversations, e-mails, texts and phone calls that have come before, during and after the piece’s completion. Bempensante Loc Aut is a complex and fragile work, linked to the artist’s very identity. It’s a romanticized journey, told through objects and paper scraps – like receipts, documents – that recounts the introspective and poetic experience undergone by Christian at the Municipal Civil Registry’s offices: a self-discovery research that puts into question both authorship and time itself, born out of the simple yet substantial need to make sure that there was no error in the transmission of his name on his birth certificate. The artist later integrated annotations and additional hardcopy elements linked to his practice into the employed materials: a detail, perhaps, a small thing with immense tension. The piece also includes a tiny sculpture, a delicate object produced by nature: the humus of an earthworm, a fragile architecture reminiscent of a cerebellum, which renews the work’s connection to transience, and creates a dialogue with the research on paper. The entire composition, from the paper scraps to the ink down to the small sculpture, is destined to deteriorate and disappear, determining both the intensity of the chronicled moment and the temporal dimension of its material nature.


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